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Tutti a casa: La nostra guerra

Uscito nel 1960, a quindici anni dalla fine della seconda guerra mondiale, “Tutti a casa@ è uno dei film che più di tutti ha saputo raccontare cosa significò l’armistizio dell’8 settembre per il nostro paese.

La penna che firma la sceneggiatura è quella di Age & Scarpelli, coppia la cui satira pungente ha reso grande il nostro cinema di quegli anni collaborando con registi del calibro di Monicelli, con il quale solo un anno prima avevano scritto “La grande Guerra”. Alla regia Luigi Comencini, uno degli autori più importanti della nostra filmografia.

“Tutti a casa” prende il via proprio da quel fatidico 8 settembre, da quell’armistizio con cui il maresciallo Badoglio sanciva la fine dell’alleanza con i tedeschi o lo schieramento del nostro paese con gli alleati. Un annuncio tanto sperato e sentito, quando spiazzante per i tanti che di colpo si trovarono a dover cambiare fronte. Nella confusione generale, il sottotenente Alberto Innocenti (Alberto Sordi), ligio al dovere, attende comandi dai suoi superiori su cosa fare dinanzi a quei tedeschi fino allora alleati e oggi nemici pronti a rappresaglie e rastrellamenti, ma è il caos, ogni gerarchia di comando è saltata e la nazione è abbandonata a se stessa. Non resta che tornare a casa, ma il viaggio sarà decisamente meno facile del previsto. I tedeschi stanno facendo calare la loro vendetta sul popolo italiano, la fame Imperversa e stritola i cittadini, ovunque è disordine e dolore.

Luigi Comencini seguendo il nostro Alberto Innocenti attraversa l’Italia ci da uno spaccato completo, dal tono quasi documentaristico, di quel che significò per noi quel periodo. C’è tutto in “Tutti a casa”: La disperazione, la fame, le speranze e la lotta. Tutto è addolcito da un’ironia tragicomica, in perfetto equilibrio tra dramma e commedia. Fondamentale in questo è l’apporto del grande Alberto Sordi, che già nel già citato “La grande guerra” aveva dimostrato di sapersi destreggiare magistralmente tra queste tematiche, che ci regala una delle migliori interpretazioni della sua carriera. Intorno a lui grandi attori e caratteristi come Serge Reggiani, Martin Balsam e sopratutto Eduardo De Filippo, inaspettato e travolgente, sul finale, nel ruolo di suo padre. A farla da padrone però è anche la cura della messinscena di Comencini. Se gli attori e la scrittura danno un leggero e sapiente tono di commedia al racconto, l’ambiente in cui si muovono e quanto di più realistico e tragico possibile. La ricostruzione storica è perfetta ed accurata e trova il suo Climax raggelante nella scena centrale dell’assalto al furgone per la farina. Sequenza che rivista a posteriori ricorda e anticipa tutto il cinema apocalittico e post apocalittico degli anni a venire (considerando però che nel 1960 l’apocalisse non era futura ma appena passata) e che incarna tutta la potenza narrativa di Comencini dietro la macchina da presa tanto quanto nel prorompente e magnifico finale. Una potenza narrativa che funziona ancora oggi, non invecchiata di un anno e che ha ispirato più di un regista negli anni a venire.

“Tutti a casa” è un film fondamentale, che ci ricorda chi eravamo, da dove veniamo e come siamo diventati quello che siamo ora. Una testimonianza storica prima che un film. Un capolavoro da preservare gelosamente che tutti dovrebbero vedere e rivedere.

– Carlo Iarossi