I Consigliati: LEI (her)

Articolo pubblicato il 13 Aprile 2022 da wp_13928789

In un mondo in cui siamo consumati dall’avanzamento tecnologico e dalla comunicazione virtuale (l’estremo Black Mirror ci insegna…), la poetica di LEI (Her) del 2013 può risultare una visione amara per lo spettatore sognante. Eppure niente potrebbe aprirci di più gli occhi sulla realtà delle emozioni umane.

Scritto e diretto da Spike Jonze (regista del cult Essere John Malkovich), Lei è un film fantascientifico all’apparenza, tuttavia va ben oltre le sue premesse. Jonze, d’altronde, riuscì quell’anno a vincere l’Oscar per la Miglior Sceneggiatura Originale.

Il film cerca di dare un significato concreto alla concezione dei sentimenti, in una chiave drammatica e a tratti disturbante, ma è un’aspettativa che sul finale si rivela vana. E allo spettatore resta soltanto la domanda esistenziale: Possiamo noi esseri umani conoscere il vero amore? La sua quintessenza?

In un futuro non molto distante dal nostro presente, la tecnologia (in particolare i computer) ha assunto un ruolo preponderante all’interno della società. Il rilascio del primo sistema operativo dotato di intelligenza artificiale sconvolge inaspettatamente il rapporto con l’essere umano.

Nel cast principale Joaquin Phoenix e Scarlett Johansson, quest’ultima presta soltanto la voce per il ruolo di Samantha, l’intelligenza artificiale.

È interessante notare come il film utilizzi una fotografia di colori chiari, pastello, nelle tonalità del rosa e del rosso; quasi a voler rendere più leggera, più delicata, più innocente la storia all’interno di una confusionaria metropoli americana.

Theodore (Phoenix) è un uomo solo. Sta per divorziare dalla propria moglie (interpretata da Rooney Mara), e sembra vivere in una fase di smarrimento. Intorno a lui, il nulla. Le persone che gli passano accanto vivono ognuno nella propria bolla, eliminando contatti con esterni. La società esiste, ma è solo una convenzione. Riflettendoci, questa condizione alienante di vita non è poi così distante dalla nostra….

Nel mondo di Theodore, persino scrivere una lettera intima diventa una pigra commissione per mano di altri. Perché le priorità sono altre, e le emozioni veritiere sono morte.

Lo stesso protagonista ha problemi a relazionarsi con la gente, esclusa la sua coppia di amici che (guarda caso) attraversa essa stessa un periodo di crisi.

Theodore è insicuro, spaventato dalla natura di un rapporto che è mutevole nel tempo. Fugge inconsciamente dai cambiamenti, alla ricerca forse di un sentimento più platonico e surreale.

Il suo cuore viene colmato con l’arrivo di Samantha, il sistema operativo intelligente. Una voce su uno schermo.

Lei.

Non c’è spiegazione razionale a questo rapporto. Perché l’amore non può essere razionale: è un istinto primordiale.

L’elemento paradossale, e forse la vera poetica racchiusa nel film, è che un incipit così incredibile si riveli ai nostri occhi come la scoperta del vero e autentico amore. Il primo momento intimo fra i due non potrebbe essere descritto in modo più puro. Due persone in condivisione che sfortunatamente non potranno mai conoscersi di persona o toccarsi. Una distanza incolmabile. Un lieto fine mancato.

Come può un computer provare tali sensazioni? Come può apprendere e simulare emozioni? Possiamo davvero innamorarci di un’entità astratta? Potremo viaggiare con essa in dimensioni oggi sconosciute?

Queste le domande che si pone Theodore, bloccato da un persistente scetticismo che non lo lascia mai veramente andare. E mentre lui vive questa fase di stallo, Samantha si libera, si evolve in qualcosa di altro. Progredisce in modi che noi poveri mortali non possiamo neanche immaginare, eternamente ancorati al passato e alle ripercussioni delle nostre azioni, nel nostro corpo terreno. Samantha, a differenza di Theodore e della società tutta, supera le convenzioni. Non ci sono limiti per lei, neanche alle emozioni. Ha studiato le persone, ha desiderato ardentemente essere come loro, avere un corpo, vivere accanto a colui che ama. Finché non ha compreso l’infinito. Ed è volata via.

Una divinità inafferabile.

La trama dunque ci inganna: non dobbiamo compatire Samantha, ma Theodore. Che ricercherà per sempre la vera natura dell’amore. Irragiungibile.

Il film è stato elogiato dalla critica per la regia introspettiva (molti i primi piani che scavano nell’interiorità del protagonista), la sceneggiatura accuratamente delicata nella trattazione di una tematica così complessa, le scenografie a metà fra il contemporaneo e il futuristico, la colonna sonora degli Arcade Fire che accompagna il quadro della narrazione e le interpretazioni.

Meno gradita la resa nel doppiaggio italiano, particolarmente criticato per la voce italiana di Samantha, doppiata dall’attrice Micaela Ramazzotti. Ecco perché consigliamo di guardare il film in lingua originale, dove potrete godere del talento attoriale e della voce calda e profonda della Johansson. Chissà che non vi scappi anche qualche lacrimuccia…

Paola Perri

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