“Un Altro Giro”: l’ebbrezza della vita filmata da Vintenberg

Articolo pubblicato il 6 Gennaio 2022 da wp_13928789

Il film premiato agli scorsi premi Oscar come Miglior Film Internazionale per la Danimarca, “Un Altro Giro”, è uscito in sala in Italia ieri, 20 maggio. La nuova opera di Thomas Vintenberg (“Il Sospetto”), il regista che ha commosso il mondo durante la premiazione (uno dei pochi bei momenti della cerimonia) per la sua dedica alla figlia scomparsa l’anno scorso, ma che artisticamente parlando ha sempre fatto discutere di sé dalla sua adesione al manifesto Dogma 95 da cui poi si separò nel 2003.

“Un Altro Giro” (“Druk”) è la storia del protagonista Martin, interpretato qui da un monumentale Mads Mikkelsen, un personaggio che ci viene mostrato spento e rattristito dalla vita, come d’altronde tutti gli altri suoi amici e colleghi. Dopo degli open titles indicativi su quello che vedremo durante il film (una gara tra studenti con delle casse di birra), Vintenberg con la sua cinepresa ci permette di sbirciare silenziosamente nella realtà di questi professori scolastici attraverso il punto di vista di Martin, mostrandoci inizialmente un contesto freddo, spento, distaccato, reso perfettamente dall’espressività (o inespressività) di Mikkelsen e dal grigiore emanato dalle aule scolastiche. Proprio a lavoro vediamo che Martin non segue più un filo per quanto riguarda le sue lezioni e gli studenti iniziano a risentirne, distaccandosi da lui come persona e come professore. Nella vita di tutti i giorni, il regista ci mostra il suo protagonista che non viene praticamente considerato dai figli e che viene quasi ritenuto noioso dalla moglie, con cui il rapporto sembra oramai ad un punto morto, senza stimoli (sia a scuola che a casa quindi).

Come può cambiare una situazione così? E infatti il film prende una piega che nessuno si aspetterebbe mai.

I quattro amici\colleghi, Martin, Tommy (Thomas Bo Larsen), Nikolaj (Magnus Millang) e Peter (Lars Ranthe) sono infelici della loro vita, ognuno per motivi diversi, chi si sente solo, chi non ha più stimoli e chi si sente oppresso dalla situazione familiare. Parlando durante una cena, esce fuori dai loro discorsi la teoria di Finn Skårderud, psichiatra e terapeuta norvegese, che sostiene come l’uomo nasca con una carenza di alcol nel sangue pari allo 0,5%, un difetto naturale che, se eliminato, renderebbe l’essere umano perfetto e decisamente più funzionante. Decidono dunque di provare empiricamente questa teoria, aggiornando man mano i dati, solo che gli eventi non saranno proprio sempre sotto controllo.

Sia chiaro però che il film non vuole assolutamente essere un elogio all’alcol, che qui funge da espediente narrativo e da mezzo per qualcosa di più. Vintenberg anzi, ne arriva a toccare anche gli aspetti negativi attraverso la parabola di questo gruppo intimo di uomini adulti, e con una regia fatta quasi alla kammerspiel per quanto asfissiante, ma che sa anche essere distante, quasi come se stessimo sbirciando dallo spioncino, e infine danza in modo leggiadro come trasportata dall’ebbrezza della vita stessa (infatti è valsa al regista la nomination all’Oscar). Infatti si oppone alla situazione iniziale, una fase centrale in cui i professori sembrano quasi aver bevuto il Sacro Graal e sembrano ringiovaniti, amanti passionali della vita che prima detestavano, in particolar modo Martin rivede il suo modo di insegnare, usa l’ironia per far apprendere la storia ai suoi studenti usando metodi divertenti e funzionali. Bella la scelta di accompagnare le sue spiegazioni con un montaggio di video reali di politici ubriachi o quanto meno brilli. Anche a casa le cose cambiano, Martin sembra rinato e si è come infatuato nuovamente di sua moglie a tal punto da portare lei e i suoi figli ad una scampagnata di famiglia che mancava da tantissimo tempo. La fotografia resta sempre spenta, composta da colori freddi che si riflettono sull’espressioni dei personaggi. Questo elemento non è da sottovalutare anche in chiave puramente esplicativa, poiché l’illusione portata dall’alcol svanisce presto a causa di un aumento sfrenato delle quantità buttate giù (o tirate su col naso addirittura), rendendo i professori degli alcolizzati cronici buttati giù dall’esistenza.

Dopo aver trovato la chiave per vivere con più spensieratezza, Martin e gli altri esagerano fin troppo (non vogliamo descrivervi nessuna scena in particolare per farvi godere il film al meglio) e superano ogni confine per poi scoprire che non era l’alcol la chiave giusta, deflagrando la teoria di Skårderud. Prima erano assorti in un alone di malinconia e angoscia perenne, una crisi esistenzialista che sa di realismo cinematografico puro, raggiungendo vette decisamente alte. Ecco però che l’esagerazione ha riportato ancora più forte di prima l’angoscia ai professori, rigettandoli in un vortice che non sembra avere fine, non a caso il film si è aperto con una citazione al filosofo dell’angoscia e della paura della scelta, emozione descritta come uno “stordimento di libertà”; avere possibilità infinite significa non avere ancora scelto, e nel perpetuarsi di tale non-scelta si manifesta la virtù paralizzante dell’angoscia. Questo sentimento così complesso, vede una luce in fondo al tunnel con un finale ricco di speranza e che risulta essere un inno alla libertà, all’amore e alla gioia di vivere. La scelta di Vintenberg di intrecciare le due generazioni, gli studenti verso la maturità, e i professori adulti catturati dalla monotonia e dai rimorsi, entrambe unite per superare l’angoscia portata dagli esami e quel bivio che permetterà ai giovani di prendersi in mano il loro destino.

Mads Mikkelsen, alias Martin, in una scena del film

“Un Altro Giro” è la guida spirituale fatta cinema di Vintenberg, un occhio danzante che si affaccia sulla vita di Martin e colleghi, una vita inebriante e riaccesa dalla passione, dall’arte, dalla spensieratezza equilibrata, il tutto sorge prepotente dopo l’orrore della tempesta. Ma è anche un ritrovarsi, scoprire sempre nuove sfaccettature della propria identità attraverso l’esperienza e il dialogo con il prossimo.

Cos’è la gioventù?

Un sogno.

Cos’è l’amore?

Il contenuto del sogno.

S. Kierkegaard, Aut-aut

Kierkegaard invita ad “accettare sé stessi in quanto fallibili, per imparare ad amare gli altri e la vita”.

Un grazie a Thomas Vintenberg per aver condiviso con noi le sue emozioni e per averci fatto riflettere tantissimo, anche sul come vivere la vita.

– Christian D’Avanzo